Territorio

Mantova

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Mantova
La storia
La città del sommo poeta Virgilio venne fondata presumibilmente intorno al V secolo a.C.; tracce della civiltà etrusca rimangono disseminate su tutto il territorio mantovano.
Nei secoli successivi la sua fondazione, Mantova divenne dapprima colonia romana e poi terra di conquista per Bizantini e Longobardi finché, dopo il Mille, divenne possedimento dei Canossa. E’ da questo periodo che il territorio comincia ad essere trasformato dall’opera dell’uomo con l’inizio della navigazione regolata sulle acque del Po e la comparsa delle prime opere di regolazione delle acque del Mincio.
Mantova vive il periodo di maggiore splendore della sua storia sotto il dominio dei Gonzaga che la resero una delle protagoniste del rinascimento italiano, invitando a corte artisti della portata di Andrea Mantegna, Leon Battista Alberti e Giulio Romano. Dopo essere stata governata da austriaci e francesi Mantova entrò a far parte del regno d’Italia.
Fra i mantovani illustri annoveriamo il pilota Tazio Nuvolari.

La cucina
La cucina mantovana è famosa quasi quanto la sua arte: sapori lombardi, emiliani e veneti convivono sulle tavole cittadine, esaltando nelle ricette i prodotti tipici della Pianura Padana, riso e verdure in primo luogo. E di risotti è ricco il ricettario locale: dal “Risotto alla Pilota”, condito con le tipiche salamelle e il Grana Padano, al risotto col “Puntel”, una braciola di maiale passata alla griglia. 
Altro ingrediente tipico è la zucca, regina dei famosi tortelli: il ripieno di amaretti, mostarda e miele, insieme, naturalmente, alla zucca, si esprime nel modo migliore con il delicato condimento di burro e formaggio.
Famosi sono anche gli agnolini, cucinati nel brodo di carne talvolta arricchito con vino rosso. 
Passando ai dolci entra in scena la torta “Sbrisolona”, un gustoso dessert con mandorle tritate.
Il tutto ottimamente innaffiato dal vino doc della zona: il Lambrusco Mantovano.

A San Giorgio duecento anni fa - Storia del Borgo di San Giorgio

la battaglia di San Giorgio in una famosa stampa del Vernetla battaglia di San Giorgio in una famosa stampa del Vernet
la battaglia di San Giorgio in una famosa stampa del Vernet
San Giorgio di Mantova fino al 1867 si chiamava solo San Giorgio come tante altre località italiane e con un decreto reale di Vittorio Emanuele II datato 8 giugno 1867, meno di un anno dopo l’annessione all’Italia, vedeva completato il nome con l’aggiunta del “di Mantova” attuale.
Fino a poco tempo fa, per il solo fatto di trovarsi a ridosso della città di Mantova, San Giorgio era considerato Mantova a tutti gli effetti e in particolare questa distinzione era più difficile da fare nel periodo che stiamo prendendo in esame dove le notizie sul solo San Giorgio sono quanto mai scarse proprio per il fatto che la vicinanza della città gli faceva perdere quell’importanza che sarebbe stato giusto attribuirgli e praticamente quello che succedeva a San Giorgio era come se fosse successo a Mantova.
Posto sulla sponda sinistra del fiume Mincio che a Mantova diventa lago, anzi, laghi, avendo un lago superiore, un lago di mezzo ed un lago inferiore (un tempo esisteva un quarto lago Paiolo) e sistemato proprio a ridosso fra il lago di mezzo e il lago inferiore, era quasi un prolungamento della città che il ponte di San Giorgio teneva uniti: era si un comune autonomo ma al tempo stesso molto legato alla vita della città, ai suoi umori, ai suoi drammi.
Il fatto poi di trovarsi all’imboccatura di quel ponte che avrebbe voluto e dovuto isolare la città ne faceva un luogo quanto mai appetibile per i vari alterni conquistatori che a turno si avvicinavano a Mantova, l’imprendibile roccaforte, un’isola sulla terraferma: e San Giorgio ne era una delle poche vie di accesso.
Il periodo che va all’incirca dal 1796 al 1814 per San Giorgio è da considerarsi tra i più tristi e tragici della sua storia, messo come l’acciaio da lavorare, tra l’incudine e il martello, gli austriaci dentro e i francesi fuori e poi con le parti che si invertono, dentro i francesi e fuori gli austriaci.
Già nel giugno 1796 per San Giorgio cominciano i primi guai; l’esercito napoleonico imperversa e si avvicina minaccioso dopo i continui successi militari nell’Italia del nord e vuole impadronirsi anche di Mantova, il nodo più critico, la roccaforte degli austriaci che lui vuole battere.
Il Borgo di San Giorgio, che si può a tutti gli effetti considerare una cittadella fortificata alla stregua di quella di Porto, era composto da un centinaio case con una popolazione di oltre 1000 abitanti, relativamente al solo centro urbano, oltre a tutte le cascine agricole e ad alcuni opifici pseudo-industriali che si trovavano nel territorio circostante, un territorio molto più vasto di quello attuale e che andava dalle sponde del Mincio fino a Barbasso, Roncoferraro, Casteldario e Porto Mantovano.
Nel Borgo esisteva un convento di monache, le Canonichesse Lateranensi (fino alla venuta di Napoleone a Mantova c’erano all’incirca 70 conventi e congregazioni religiose che in seguito furono quasi tutte soppresse dallo stesso Napoleone) che il 2 giugno di quello stesso anno, all’approssimarsi delle truppe napoleoniche, per precauzione veniva evacuato e le monache sistemate nel convento della Cantelma, verso il Te. Giusto in tempo perchè due giorni dopo puntualmente le truppe di Napoleone occupavano il Borgo e tentavano addirittura di penetrare nella città per quella stessa via: arrivate addirittura a metà del ponte di San Giorgio, fortuna ha voluto che una guardia, messa in allarme da movimenti che riteneva sospetti, alzasse il ponte levatoio giusto in tempo per bloccare l’invasione della città: anche per questa volta la città era salva.
E’ però giusto dire che la città era salva? Forse è improprio perchè se la città fosse caduta subito in mano a Napoleone probabilmente in seguito si sarebbero evitati tanti lutti e rigori che invece ci sono stati in nome di quella “libertè” e di quella “egalitè” tanto pubblicizzate mentre poi, situazioni che si potrebbero quasi definire paradossali, hanno visto San Giorgio e la sua popolazione “piangere lacrime amare”.
L’occupazione del Borgo da parte dei francesi durerà fino ad agosto allorchè in aiuto degli austriaci assediati giungeranno i rinforzi capitanati dal generale Wurmser e i francesi si ritireranno.
Non è che i francesi però se ne vadano, anzi, continueranno le scaramucce nelle zone intorno a San Giorgio fino ad arrivare al culmine degli avvenimenti con la famosa “Battaglia di San Giorgio” combattuta il 15 settembre di quel 1796 quando Napoleone, facendo sfoggio delle sue grandi doti di condottiero e stratega militare, sconfigge clamorosamente gli austriaci pur disponendo di un esercito decisamente inferiore numericamente.
Napoleone a San GiorgioNapoleone a San Giorgio
Napoleone a San Giorgio

Napoleone si vede così aperte le porte della città anche se la resa vera e propria avverrà soltanto l’anno successivo, il 2 febbraio 1797.

Durante questa furiosa battaglia sono rimasti sul terreno, dall’una e dall’altra parte, migliaia e migliaia di soldati le cui salme in seguito sono state tutte composte in una fossa comune alla periferia ovest della città, tra Belfiore e Pompilio in quello che a quei tempi era territorio di Curtatone giacchè i confini comunali giungevano fino alle porte di Mantova.

monumento eretto a memoria dei caduti della "Battaglia di San Giorgio"monumento eretto a memoria dei caduti della "Battaglia di San Giorgio"
monumento eretto a memoria dei caduti della "Battaglia di San Giorgio"
A ricordo di quelle povere spoglie, fu eretto un monumento funebre che nel 1889 fu trasportato, assieme ai resti dei soldati colà sepolti, nel cimitero di Montanara dove è ancora visibile, anche se versa in uno stato piuttosto precario.

Su uno dei lati del monumento si possono leggere queste parole:

France Osterreich-Hungarn
Virtus par certantibus
Sepultis communis honor
Defunctis apud Mantuam
Anno MDCCXCVI
Militibus
Hoc perpetuae laudis monumentum
Memores dedicere
Austria et France

Tradotto in italiano il testo così suona:

Francia Regno austro-ungarico
Valore uguale ai combattenti
Comune onore ai soldati morti e sepolti
Presso Mantova
Nell’anno 1796
Questo monumento di perpetua lode
Memori dedicarono
Francia ed Austria
Territorio
E’ quanto mai chiaro il riferimento alla mescolanza di razze e di popoli che costituivano i vari eserciti, una piccola Babilonia che solo disciplina ferrea, pugno di ferro e speranza di buoni “bottini di guerra” potevano tenere uniti.
E’ di quel periodo anche una lettera scritta ad un suo superiore da un ufficiale francese posto all’assedio della città di Mantova e dislocato proprio a San Giorgio...
che così comincia: ”Da San Giorgio vicino a Mantova...”
Nella lettera il soldato si lamenta della grande umidità che ha trovato in questa zona (non è cambiato molto da allora),delle nebbie fitte e della enorme difficoltà che hanno nel muoversi liberamente a causa degli acquitrini che in abbondanza si trovano in questi luoghi. Nella lettera si parla anche dell’intenzione dei francesi di prendere Mantova con il fuoco ma sul più bello comincia a piovere e il progetto va in fumo (per fortuna ...).
stampa del piano dell'assedio di Mantovastampa del piano dell'assedio di Mantova
stampa del piano dell'assedio di Mantova
il borgo di San Giorgio come era verso il 1800il borgo di San Giorgio come era verso il 1800
il borgo di San Giorgio come era verso il 1800
In un’altra corrispondenza si legge che “ai francesi hanno fatto più danno le zanzare mantovane di quanto non ne abbiano fatto le armi austriache”. Noi mantovani non fatichiamo certo molto a crederci!
Il periodo della dominazione francese per San Giorgio è stato certo, come dicevo prima, uno dei più infelici: imposizioni, soprusi, tiranneggiamento e quant’altro di negativo può compiere un invasore che vuole approfittare anche finanziariamente della sua posizione privilegiata per ricavarne il massimo guadagno: e questi fatti erano all’ordine del giorno.
A tale proposito ha scritto Luigi Pescasio in un suo libro: “con i francesi a Mantova stava bene solo Virgilio”. Perchè vi chiederete? Perchè uno dei più autorevoli generali francesi, il Miollis, era un innamorato di Virgilio e per Lui stravedeva; l’essersi trovato a Mantova per lui è stato come essere in Paradiso e tutte le sue azioni ce lo confermano.
La distruzione del Borgo di San Giorgio, che fa parte di quei soprusi ai quali accennavo prima; è il gesto più infame che si possa perpetrare contro un avversario vinto e spaventato, privarlo anche della sua abitazione: ragioni di stato, ragioni militari, di sicurezza, una maggior visibilità verso i territori limitrofi motivi per i quali tra il 1808 e il 1810 il Borgo di San Giorgio viene raso quasi completamente al suolo e Daniela Ferrari, nel suo volume “ La città fortificata” così ci fa il punto della situazione:
"Il Borgo di San Giorgio ha svolto sempre le funzioni di testa di ponte, era stato infatti cintato da mura già nel 1372, per volere di Ludovico Gonzaga, terzo capitano di Mantova, che vi aveva innalzato anche la rocca.
Negli ultimissimi anni del Settecento il generale Foissac-Latour dispone un piano di rafforzamento con opere provvisorie annesse alle cinta antica: lunette, rivellini e strada coperta (è l’assetto che sopporta l’assedio del 1799); all’inizio dell’Ottocento si adotta invece una risoluzione completamente diversa: nel timore che il Borgo possa diventare un caposaldo difensivo nelle mani del nemico, si decide di radere al suolo sia il Borgo che le opere fortificate e di sostituirli con la Lunetta di San Giorgio, testa di ponte rivestita in muratura con gallerie di controscarpa e piazze d’armi, fiancheggiata ai lati da due bastioni in terra, eretti rispettivamente sulla destra e sulla sinistra, per battere meglio i laghi di mezzo e inferiore.
La scelta del comando francese costa la demolizione di oltre settanta case, un’antica chiesa, un monastero delle Canonichesse Lateranensi; l’intero Borgo che contava quasi mille abitanti, viene atterrato per ragioni di opportunità militari, unico elemento superstite della dominazione napoleonica è la Rocchetta, successivamente inglobata nella Lunetta, probabilmente utilizzata con funzioni di torre di avvistamento”.
Però non basta, la visuale non è sufficientemente ampia e quindi nel 1813, con un proclama datato 23 novembre, la “direzione del genio militare” informa i rimanenti sangiorgini che dovranno essere demolite altre costruzioni entro un raggio di mille metri dalla città.
Riporto di seguito l’elenco ,solo per quel che riguarda San Giorgio, così come è riportato sul proclama sopra descritto, delle rimanenti costruzioni che andranno demolite.

Così recita il bando:
Fortificazioni piazza di Mantova
Nota delle case da demolirsi entro il chilometro...

La casa del cursore Bassi che serve ad uso d’osteria nel Borgo.
Casa della congregazione della carità.
Idem del sig. Pellegrini.
Idem del sig. Coccastelli.
Cimitero degli Ebrei
Casa del sig. Avv. Casali
Due case del sig. Leopoldo Garbesi
Il Molino
Casa al dissopra del Molino vicina a Fossa mana del sig. Arrigoni
Casa del sig. Antonio Bonetti.
Casa del sig. Antonio Basili alla destra della strada che conduce alla Diga Chasseloup.
Casa del sig. Somenzari detta la buca alla sinistra della suddetta strada.
Idem . . . Idem detta le Pelizze.
Idem del sig. Somenzari e Peroni alla destra della strada di Legnago detta la posta.
stampa con la pianta del borgo e la zona demolitastampa con la pianta del borgo e la zona demolita
stampa con la pianta del borgo e la zona demolita
Durante il periodo dell’occupazione francese non vengono eseguiti grandi lavori di pubblica utilità se si eccettua la manutenzione di qualche strada che si trovava in condizioni talmente precarie da impedire quasi completamente la circolazione; i maggiori sforzi vengono compiuti in campo militare con il rafforzamento delle difese esistenti o con la creazione di nuove. Grande impegno veniva profuso dagli occupanti francesi alla ricerca di sempre nuove imposte per i cittadini ormai stremati da anni e anni di guerre, distruzioni e imposizioni.
Relativamente alla chiesa del Borgo di San Giorgio praticamente non è rimasto nulla se si eccettua l’archivio parrocchiale ora custodito nella parrocchia di Sant’Antonio assieme al fonte battesimale; un grande quadro di Bernardino Gatti raffigurante San Giorgio che lotta con il drago per salvare la principessa si trova invece nella chiesa di Frassino.
L’archivio parrocchiale da me consultato, non riporta notizie interessanti sulla vita del Borgo ma soltanto una scarna elencazione di battesimi, funerali e matrimoni. L’archivio giunge fino al 1808, anno di inizio della demolizione della chiesa.
A titolo informativo dirò che nel 1800 a San Giorgio ci sono stati 12 matrimoni.
A testimonianza della vitalità del Borgo e della discreta importanza della parrocchia di San Giorgio, un inventario effettuato alcuni anni prima del periodo preso in esame e pubblicato nel volume “Inventario degli arredi sacri nelle chiese di Mantova e Diocesi” dal dott. D. Romolo Putelli, oltre ad enumerare una notevole dotazione di arredi ed accessori di vario tipo, conferma l’esistenza di un “battistero di marmo con ciborio” e, “posto sopra l’altar maggiore, trovasi una pala di tela con la pittura che mostra San Giorgio a cavallo con la regina e il dragone” a conferma che il quadro che si trova ora nella chiesa di Frassino, come pure il fonte battesimale custodito a Sant’Antonio, sicuramente si trovavano nella distrutta chiesa del Borgo San Giorgio, ragion per cui dovrebbero di diritto ritornare alla nostra comunità.
Anche se il fatto non è accaduto nel periodo in esame, voglio ugualmente ricordare che nel 1855, in territorio di San Giorgio, fu giustiziato l’ultimo dei Martiri di Belfiore, Pier Fortunato Calvi.

GIANNI BARACCHI
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